Oltre il fiume 4

La nebbia trafitta dai deboli raggi del sole e dai riflessi iridescenti delle esplosioni delle bombe. Il terrore, che viene dal cielo, sovrasta le aride zolle di terra della campagna italiana segnata dalla guerra. Lo sguardo coraggioso di una ragazza è rivolto all’orizzonte…oltre il fiume.

Oltre il fiume è il titolo del cortometraggio di Luca Zambolin, prodotto da Francesco Bonsembiante per Jolefilm con il sostegno del MIBACT e SIAE all’interno dell’iniziativa Sillumina. Dopo aver girato numerosi festival, sia italiani che non, e aver vinto nel 2019 il Premio Miglior Corto Italiano al RIFF – Rome Indipendent Film Festival, entra a far parte del nostro catalogo e si aggiudica altri importanti riconoscimenti a La Spezia Film Festival 2020: Miglior attrice a Brixhilda Shqalsi, Miglior fotografia a Matteo Calore e premio Diari di Cineclub.

Zambolin imbriglia i paesaggi in spesse matasse di cotone e, con tinte delicate, rappresenta la fame e la povertà in una piccola fattoria gestita da un gruppo di donne costrette ad andare avanti senza animali, sequestrati dai tedeschi. Sono tempi scanditi dal lavoro duro, dal suono delle sirene antiaeree e dall’unica speranza che si aggrappa alla fede e alle parole di un prete di paese (interpretato da Marco Paolini).

La chiave del film è però una pulsione innata dell’uomo: la curiosità verso l’altro. Pulsione che traspare nello sguardo di Antonia, la protagonista, costantemente immerso in una marea di domande che si increspano come le onde del fiume che la divide dal conflitto: la tentazione di attraversarlo e di scoprire cosa c’è al di là di esso è palpabile nell’atmosfera. Un cavallo bianco scappato dalla guerra sarà il barlume di speranza e di coraggio che la porterà a fare delle scelte che non lasceranno spazio alla paura. Il timore nei confronti del “nemico venuto da fuori” – rappresentato nell’Apocalisse proprio da un cavallo bianco – viene sostituito dall’apertura verso l’altro e dall’accoglienza da parte della protagonista. Un’atmosfera caravaggesca carica di sacralità suggellerà un’unione empatica e tenera di sguardi carichi della consapevolezza di essere accumunati dallo stesso destino, pur essendo inevitabilmente separati dagli echi della guerra.

Antonia può essere definita la “martire” che dà prova, in circostanze pericolose, di fede incontrollabile verso un senso di umanità ormai perduto. Un ritratto opalescente del richiamo all’azione, della continua ricerca del cambiamento, del superamento delle diffidenze, che oggi, tanto quanto ieri, dobbiamo ascoltare.

Nina Bonatti