Supereroi senza superpoteri 3 (Small)

Il fascino dell’home movie risiede nella possibilità di indagare, oltrepassando la superficie di normalità delle immagini familiari, la profondità di quei rapporti al contempo immediati e complessi, celebrandone in video la tendenza tutta amatoriale alla libertà espressiva e alla spontaneità vitale. Beatrice Baldacci ha accolto questa possibilità nel suo documentario autobiografico Supereroi senza superpoteri, prodotto dalla Fondazione AAMOD in seguito alla sua vittoria del Premio Zavattini 2018/2019, iniziativa volta a promuovere il riuso creativo del cinema d’archivio. L’opera, entrata nel nostro catalogo di distribuzione, ha poi esordito come unico cortometraggio italiano in concorso alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti, aggiudicandosi il Premio Fedic, ed è stata recentemente selezionata per partecipare al festival La Guarimba, dopo aver viaggiato in numerosi altri festival italiani (Sedicicorto, Orvieto Cinema Fest) e internazionali.

Con questo cortometraggio la regista esplora di nuovo, tramite uno sguardo tipicamente al femminile, l’ambito del found footage (la cui iniziatrice fu Ėsfir’ Šub) e l’enigmatica relazione madre-figlia, sulla scia dei modi e dei temi affrontati da Alina Marazzi nel 2002 con Un’ora sola ti vorrei. Baldacci utilizza i materiali appartenenti al mezzo di fissaggio della memoria per eccellenza, ovvero l’archivio di famiglia, per ripercorrere i momenti cruciali della sua infanzia, seguendo un percorso di intima riflessione. E proprio quest’ultima ci accomuna umanamente, insieme all’esperienza della crescita e dei suoi cambiamenti, che portano i genitori dall’essere supereroi all’essere senza superpoteri. Vengono mostrate le problematiche implicate nel riaffrontare la malattia della madre, in una divisione tra l’urgenza della scoperta, causata dalla paura della perdita, ed una tendenza alla rimozione dei ricordi dolorosi. Il legame tra le due protagoniste risulta radicato nell’affetto e nell’unione più sinceri, suscitando tramite il linguaggio universale dell’immagine quell’empatia che soltanto il film di famiglia sa enfatizzare in maniera tanto efficace. Il racconto interiore è carico di tenerezza, e la regista confida la sua presa di coscienza nei confronti della vincibilità del genitore e della forza necessaria ad accettare tale realizzazione. 

Risulta così un omaggio atipico ma persuasivo alla figura materna, il quale non si risparmia le amarezze e le nostalgie coinvolte nel recupero dei frammenti di memoria più difficili ed è in grado di esprimersi nel migliore dei modi tramite l’intensità evocativa degli intimi ricordi familiari. 

Chiara Bardella