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“Uno va in guerra e pensi che ti uccidono i mortai. Invece, con tutto il rispetto si capisce, va a finire che muori per l’iniezione di un medico…”

Parole specchio dell’ottusità e della superstizione degli abitanti di un paesino sperduto tra i monti marchigiani alla fine degli anni ’20. Una realtà rappresentata ne Il vaccino, un cortometraggio di Edoardo Ferraro scritto a quattro mani con lo scrittore Leonardo Accattoli, prodotto da Guasco srl e vincitore del bando Marche Landscape Cinefund per cineasti under-35.

Il corto, da poco entrato nel catalogo di Elenfant Distribution, è stato inserito nella selezione ufficiale della diciottesima edizione dell’Ischia Film Festival, dove farà il suo debutto.

Raccontando le origini dell’Avis nel territorio delle Marche, emerge la figura, ormai dimenticata, del medico condotto – interpretato da Sergio Albelli – che, in una notte spericolata, cerca di salvare la vita di un giovane bisognoso di una trasfusione. In una drammatica contrapposizione di luci e ombre traspare l’importanza di questa figura in quegli anni: un vero e proprio punto di riferimento nei piccoli paesi. Era veterinario, psicologo, dottore, … ma anche interprete di segni e colui che era in grado di guarire e salvare i pazienti dal proprio destino di peccatori e dannati.

Ferraro invita lo spettatore all’apertura mentale mostrando quanto i medici condotti siano stati necessari per la cura e la prevenzione della salute pubblica fino al 1978, quando venne istituito il Servizio Sanitario Nazionale e nacque la nuova figura professionale del medico di medicina generale. La cornice della vicenda è però una cultura contadina limitata, dominata dalla grettezza e dall’ignoranza, che ostacola l’operato del medico.

Come in un quadro di Courbet viene mostrata un’umanità pregna di contrasti, volti solcati da un violento e tangibile realismo e paesaggi naturali visti nella loro materialità.

È una successione di ritratti brutali e cinici attraverso i quali la vista trova un immediato raffronto con gli altri sensi risvegliando le facoltà del tatto e dell’odorato. Siamo lì, immersi nella soffocante presenza della morte, ad assistere ad una trattativa snervante guidata dalla reticenza e dall’avidità degli abitanti del luogo.

Nina Bonatti

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