Una giovane donna disfa il filo del vestitino che aveva lavorato per sua figlia, la quale non ha visto la luce. Lo spettro della bambina aleggia intorno alla madre, prendendo forma nei giocattoli e negli oggetti per neonati inutilizzati, mentre il suo ambiente sembra non percepire affatto il suo dolore e perpetua una retorica del controllo del corpo femminile secondo la quale “una donna è destinata a soffrire”. Quando la donna riutilizza il filo per lavorare un nuovo capo da indossare, è finalmente in grado di condividere, insieme al marito, tutta la sofferenza per la loro perdita e di ricominciare. Il cortometraggio indiano A lullaby for yellow roses di Rahul Roye, appena entrato nel catalogo distributivo di Sayonara Film, esordisce questa settimana alla 32° edizione del Flickerfest – International Short Film Festival in Australia. Per l’occasione, abbiamo intervistato il regista il quale ci ha raccontato la genesi e la produzione di questa opera, capace di toccare con estrema delicatezza temi sociali profondamente radicati nel trattamento della popolazione femminile indiana.

Raccontami brevemente della tua formazione cinematografica e delle tue esperienze nel campo.

Sono laureato in letteratura inglese e non ho studiato cinema in maniera tradizionale. Ho imparato il filmmaking e la strutturazione della narrazione semplicemente guardando film e leggendo sceneggiature e libri a riguardo. Nel 2021, durante il lockdown, ho fatto il mio esordio registico con un cortometraggio intitolato Man & Wife, caldamente accolto da numerosi festival internazionali. A lullaby for yellow roses è il mio secondo cortometraggio come sceneggiatore e regista.

Come è nato il progetto A lullaby for yellow roses, e da quale desiderio?

Il nostro produttore Abdullah ha avanzato l’idea di una sofferenza reciproca in grado di avvicinare due persone estranee. E io sono sempre stato stranamente divertito da come ci si aspetti una ripercussione del lutto diversa a seconda del genere. Il nostro film parla di una coppia distante che ha perso una figlia per uno sfortunato destino. Questa solida componente del dolore rompe il ghiaccio tra i due e porta uno spazio condiviso di vulnerabilità.

Hai sempre avuto nel cassetto il desiderio di creare un’opera come A lullaby for yellow roses?

Bisognerebbe provare a mettersi nei panni di un genitore che non può permettersi di portare alla luce la propria figlia. In India, anche se illegale, la pratica della dote della sposa è ancora frequente. E, molti genitori, presumendo di non poter pagare il prezzo da sposa o la dote della propria figlia al momento del matrimonio, come i protagonisti del nostro film, sono portati a scegliere di sacrificare la loro bambina ancor prima che nasca. Dono, mio zio materno, e sua moglie hanno dovuto affrontare uno sfortunato evento del genere. Anche se ai tempi ero bambino, ricordo chiaramente Maima, la moglie di Dono, svenire frequentemente per poi tornare in sé piangendo. A Dono non era permesso piangere in pubblico siccome gli è sempre stato chiesto di comportarsi da uomo e prendersi cura di sua moglie. Rimaneva solo a fumare in giardino, trattenendo silenziosamente le lacrime, lontano dagli occhi di tutti. Non è permesso agli uomini di piangere quando attraversano una sofferenza? Nella prima metà del film, Beena vede suo marito come l’assassino di sua figlia non nata, ma non sa che anche lui sta soffrendo in silenzio, siccome anche lui ha perso sua figlia. Entrambi sono prede del patriarcato, educati a svolgere la parte che gli spetta rinunciando alla loro amata bambina, dato che la società sancisce che le figlie sono un fardello, ma questa coppia estraniata si trova infine in solidarietà. Questo lutto estremo porta loro uno spazio comune dove possono sopportare la loro reale versione di sé per la prima volta da quando si sono sposati. Condannando temi come il patriarcato, la gerarchia di genere, e lo squilibrio economico nel contesto indiano, il nostro corto indaga la predominanza globale.

Quali parti dell’identità di Rahul come individuo e come regista sono presenti, secondo te, in questo progetto?

Essendo io stesso genderqueer, ho sempre condannato il patriarcato e come influisce involontariamente su ogni ruolo di genere nel criterio del binarismo. Essendo colpiti da qualsiasi evento sfortunato, ciascuno deve reagire alla situazione in maniera individuale, non come viene dettato dalla società.

Dopo questa importante selezione, quali progetti hai in corso, o futuri?

Essere parte di una selezione così prestigiosa è estremamente travolgente e incoraggiante. È incredibile quando il tuo film viene preso in considerazione da un festival tanto stimato quale il Flickerfest. Al momento, stiamo sviluppando un cortometraggio con un uomo trans afroamericano come protagonista, che anticipa una tragedia sconvolgente.

Chiara Bardella