Appena entrato nel catalogo distributivo di Sayonara, il cortometraggio Talafì diretto da Giovanni Merlini fa il suo esordio nel concorso CortoEuropa della 27° edizione di Linea D’Ombra Festival di Salerno, dedicato quest’anno al tema “Conflitti”. L’opera, prodotta dal Collettivo Giungla e dal Cineclub Venezia, mostra con una commistione di fiction, documentario e sperimentalismo la quotidianità di tre marinai a bordo del peschereccio Talafì, caratterizzata dalle distanze tra la produttività lavorativa e l’elaborazione delle emozioni.

Talafì si priva quasi totalmente della parola per dare spazio a un’espressività fatta di lampi visivi e visuali – particolarmente curata e appagante è infatti anche la palette di toni degli ambienti e dei costumi –, riferiti all’interiorità dei personaggi tramite accenni transitori alle loro sensazioni. Sul peschereccio coesistono mascolinità diverse, estratte da uno specifico spettro di genere totalmente caratterizzato dalla tensione: da quella erotica della brama e del desiderio, a quella di rivalità per il dominio e il controllo. Qui l’etica del lavoro lascia poco spazio alle sensibilità, che riescono di tanto in tanto a liberarsi dall’oppressione irrompendo significativamente nelle reazioni degli individui. Generalmente, però, la vulnerabilità rimane impossibilitata ad esprimersi: l’isolamento solitario della barca in mare aperto si riflette sull’incapacità e disabitudine dei personaggi di accettare una vicinanza fisica ed emotiva, accogliendone il tocco umano.

Il regista racconta il suo trascorso formativo precedente alla realizzazione di Talafì, che conta i corsi alla Civica di Milano, a Bobbio con Gianni Amelio e alla Summer School di Filmidee, nonché la collaborazione con l’associazione culturale Cineclub Venezia e la fondazione del Collettivo Giungla, entrambe realtà che hanno contribuito alla produzione del corto. L’opera, la cui visione per Merlini nasce a posteriori, racconta del desiderio di rispettare la complessità dei temi sociali affrontati quali l’ambiente e il lavoro, l’omosessualità e il conflitto generazionale, cercando di legarli in un’ottica olistica. Le riprese sono state fatte a San Benedetto del Tronto, città marchigiana d’origine del regista dove la pesca è ormai un settore in crisi a causa del cambiamento climatico.

Il lavoro, che nel secolo scorso era un valore e un diritto, si è trasformato in una maledizione e in puro dovere per le nuove generazioni, e il luogo di lavoro, il Talafì, diventa centro di dinamiche di potere che non lasciano spazio né ai desideri né all’umanità, per cui pescatore e pescato diventano entrambi vittime. Merlini racconta di come nel Collettivo Giungla si parli spesso di cinema informale, come modo diverso di intendere la produzione cinematografica: Talafì è stato uno sforzo comune da parte di giovani professionisti che credendo nel progetto si sono trasferiti per una settimana a San Benedetto del Tronto da Venezia, Genova, Trieste, Milano, Napoli e Roma creando una specie di ostello cinematografico, imbarcandosi e seguendo il lavoro dei pescatori e avvicinando così due mondi molto distanti, e rendendo il momento della produzione filmica un’occasione per fare attività culturale.

Il regista sottolinea il suo occhio di riguardo per il rapporto tra reale e finzione, che lega Talafì ai suoi lavori precedenti: se l’inserto documentario nella finzione è un primo passo per avvicinarsi al senso del reale che Merlini pone al centro dei suoi lavori, trova però sempre necessaria un’aderenza al reale che abbia come fine ultimo la ricaduta in una finzione inverata. Ciò che accomuna tutto il suo operato è comunque una modalità produttiva specifica del reale che sia capace di seguire e non di precedere, di agire a posteriori e di lasciarsi influenzare dall’involontarietà del mondo esterno, protendendosi apertamente al problema e all’imprevisto di ciò che è “vivo” e, tramite l’adattamento, renderlo valore creativo.

Con il Collettivo Giungla hanno già pronti diversi cortometraggi, e in particolare Merlini sta per chiudere il montaggio di Pan e Siringa, un corto contemplativo sull’omonimo mito greco, che sarà probabilmente parte di un progetto più ampio riguardo le Metamorfosi. Inoltre, sono stati selezionati per il premio Zavattini per il quale stanno preparando un teaser e un dossier su un documentario sui 100 anni di storia della Sambenedettese calcio. Da poco sono diventati associazione culturale e inizieranno presto a organizzare eventi e proiezioni a Roma e nella località provinciale di San Benedetto del Tronto.

Chiara Bardella