Lucy Still 3 - Copia no nero

È lunga la lista dei festival che hanno voluto Lucy del venezuelano Roberto Gutierrez nelle loro selezioni ufficiali: in gara, tra gli altri, al Sapporo International Short Film Festival, al Bogoshorts, all’Hollyshorts di Los Angeles, il corto si aggiudica il premio Mejor Cortometraje Iberoamericano de Ficción allo Short Mexico 2018 e, arrivato in Italia, vince il premio di distribuzione messo in palio dalla Elenfant Distribution nella scorsa edizione di Sedicicorto. Lucy è sicuramente uno di quei film che ti intrigano fin dalla prima scena, e che, arrivati all’ultima, ti invogliano a ricominciarlo subito daccapo per cercare di mettere insieme tutti i pezzi del mosaico. A raccontarlo, il film potrebbe richiamare alla mente una certa famosa finestra di hitchcockiana memoria, il riferimento con cui sembra doversi per forza confrontare ogni film nel quale si tenti di parlare dello “spettatore” chiamando in causa guardoni di ogni sorta. Un riferimento del tutto legittimo dal momento che Gutierrez apre la sua storia mostrandoci un uomo intento a spiare la sua dirimpettaia, quella Lucy del titolo, di cui documenta le giornate minuto per minuto tenendo costantemente puntato sulla sua finestra l’obiettivo di una telecamera.
Ma ci basta poco per capire che questo sguardo è assai diverso da quello di James Stewart ne La finestra sul cortile. L’uomo di Gutierrez, infatti, non si limita ad osservare la sua Lucy; quello che fa è riprodurne il suono di ogni azione per ricostruire, come un perfetto rumorista, la colonna sonora di una vita che non riesce a intrappolare per intero. Un’ossessione che rasenta le forme di un’arte per l’amore con cui il personaggio simbioticamente rivive ogni gesto della sua eroina.
Gutierrez, allo sguardo voyeuristico del film di Hitchcock, aggiunge lo sguardo del sognatore: il suo protagonista non osserva passivamente il film nel riquadro della finestra di fronte, ma attivamente ricostruisce una versione alternativa e appagante della realtà, tanto che lo spettatore, smarrito ogni punto di riferimento, arriva a chiedersi se sia l’uomo a ricalcare i suoni della sua vicina o se invece non sia proprio lui a dettarli e a manipolare le azioni della donna attraverso i suoi gesti. Sfondando quella parete che aveva bloccato l’acciaccato James Stewart, Gutierrez ci guida attraverso un turbinoso moltiplicarsi dei punti d’osservazione per immergerci completamente nello stato allucinatorio, ossessivo e sognante di cui è fatto questo rapporto malato e unilaterale, costruito su delle raffinate supposizioni sonore, tanto appaganti,
quanto facili da distruggere. Grazie ad una regia intelligente e calibrata a guardare Lucy ci si confonde: un momento sicuri di aver capito, il momento dopo a domandarsi cosa sia cambiato, e a chiedersi se si è capito davvero.

Marianna Carpentieri

Lucy Still 5