Ci sono storie che nascono dalla fantasia e in cui tutto è concesso, altre invece, nascono nella realtà e attraverso lo schermo vi ritornano. Alcune di queste rientrano in quella forma che Kurt Vonnegut definì from bad to worse, perché il luogo da cui provengono non contempla il dolce lieto fine. 

È il caso dell’ultimo lavoro di Adriano Giotti, regista da sempre attento alla società dei margini e alle sue problematiche. Camerieri nasce non da un’idea, ma da un’esperienza e prende forma grazie alla condivisione e al lavoro di gruppo. Nel 2020 Giovanni Izzo, Francesco nel cortometraggio, condivide questa sua esperienza nel mondo della ristorazione con i colleghi Alberto Tordi e Enzo Saponara, rispettivamente Mauro e Tano. I tre attori capiscono che quel racconto non è solo di Giovanni, ma di tantissime altre persone che dal 4 marzo aspettano “fuori da una saracinesca” e, coinvolto Adriano, lavorano insieme ad una sceneggiatura che parli di tutte loro.  

Nasce così la storia di tre camerieri sulla quarantina che attendono da mesi di essere pagati, lasciati a contendersi un unico osso rosicchiato, come dice Alberto, e che vedono scivolare le poche speranze rimaste lungo il corpo spento del loro datore di lavoro. Una storia di denuncia sociale realizzata in un periodo di crisi di cui i creatori non vedono la fine. Mentre giornali e social ci propongono da mesi una continua lotta tra i cattivi grandi imprenditori e i lamentosi giovani idealisti, gli autori di Camerieri riescono in appena 9 minuti a mostrarci tutta la complessità che si trova a monte. Non esistono i cattivi in questa storia, non abbiamo schieramenti ideologici né giudizi di valore. Il problema non sta nel mezzo, ma in alto. «Io do sempre la colpa al sistema» dice Adriano e di quel sistema i loro Camerieri sono un simbolo, e in quanto tale travalicano la categoria e ci parlano di tutti quei soggetti che restano nel limbo del lavoro sommerso, di chi ha troppe responsabilità e pochi mezzi per affrontarle, di chi alla propria categoria può dare forma solo da un palcoscenico.

Prima di parlare con Adriano, Giovanni, Enzo e Alberto, l’idea era quella di approfondire le modalità di lavoro dietro la creazione del cortometraggio, gli aspetti più tecnici, quelli legati alla costruzione dei loro sé sullo schermo, l’importanza dei dialoghi e la scelta di utilizzare i dialetti, quella della location unica. Per Giovanni questa è stata la prima esperienza di scrittura e per tutti e tre gli interpreti era la prima volta nel ruolo di produttori. Loro, che oltre a lavorare insieme, sono amici da moltissimi anni, raccontano questa scelta come un approdo naturale, quasi obbligato, qualcosa che sentivano di dover fare. Ma più il nostro incontro proseguiva e meno le domande sul foglio parevano avere importanza. Volevano raccontare il perché, non il come, condividendo con noi pensieri e storie di persone a loro vicine che hanno ispirato la sceneggiatura. 

Con Camerieri sono riusciti a creare un prodotto sincero, senza fronzoli, pessimista forse, sì, ma che inquadra la realtà post-lockdown del mondo del lavoro italiano con lucidità. Una situazione che descrive un presente futuro, per dirla con le parole di Enzo, e che sta riscontrando apprezzamenti da parte di chi la ristorazione la vive tutti i giorni e non solo. Nel mese di luglio 2022, il cortometraggio è tornato sugli schermi di diversi festival italiani, tra cui Civitanova Film Festival e ShorTS International Film Festival di Trieste.

Se la storia dei tre camerieri va “di male in peggio”, quella dei tre attori si muove invece lungo una curva ascendente. Insieme con Adriano, i ragazzi stanno infatti già lavorando ad altri due progetti, di cui però ancora non vogliono parlare. Mentre aspettiamo di scoprire cosa ci racconteranno in futuro, possiamo riguardare la loro prima opera di gruppo, disponibile su Rai Play dallo scorso 29 giugno.

Denise Nigro