Il catalogo Sayonara ha accolto felicemente il cortometraggio d’animazione Black Eyed Dog di Alessandro Cino Zolfanelli, che ha già collezionato selezioni e riconoscimenti in diversi eventi di rilievo. Dopo l’esordio e la Menzione Speciale all’Oscar-Qualifying In The Palace International Short Film Festival a Sofia, e la prima italiana a Roma alla 21^ edizione di Alice nella Città, il corto si è recentemente aggiudicato il Premio Fausto Rossano come Miglior Animazione, e un premio come Miglior Corto al Sulmona Film Festival. Questa settimana è nel Concorso Ufficiale di Visioni Italiane 2023 a Bologna ed è stato recentemente acquisito dalla piattaforma Canal+.

Colpisce l’elaborazione manuale e creativa che sottende questo lavoro –  le sculture, realizzate manualmente dallo stesso regista, prendono vita in quella che è la sua prima opera cinematografica. La particolare sensibilità dell’autore emerge dall’estetica ricercata del mondo di fantasia nel quale veniamo immersi, caratterizzato da ambientazioni suggestive e finemente dettagliate. La stessa cura viene rivolta ai personaggi del racconto, realizzati con texture artigianali e volutamente imperfette, che accendono la personalità delle figurine. Basti pensare che l’autore afferma di aver perfino adoperato il pelo del suo cane per una resa più realistica del cane Beniamino. Il corto si carica di un importante valore simbolico ed espressivo, facendosi portatore di temi come la perdita di sé e l’ossessione. Ma soprattutto l’amore. La storia di un bambino, Franco, appassionato di fotografia, segnato dall’incontro con creatura favolosa e inafferrabile, si attorciglia attorno a questi concetti chiave. 

L’isolamento di Franco, dettato dai disperati e innumerevoli tentativi di riprodurre su carta la creatura mostruosa colmando il vuoto della fotografia mai scattata, è esplorato ed enfatizzato dalla composizione visiva, sfruttando un’inaspettata libertà registica, che solo l’animazione rende possibile. Interessante notare che le diverse fasi narrative sono marcate da una precisa rappresentazione della fotografia. Ne è un esempio il passaggio da una dimensione temporale all’altra attraverso un elemento visivamente ben riuscito in tal senso: la corrispondenza tra il mirino della macchina fotografica e quello del fucile. Grazie a questa sovrapposizione, non è difficile notare la diretta connessione tra l’infanzia e l’età adulta, tra la vita e la morte, come se esistesse un oceano emotivo comune a tutte le fasi della vita.

Forte è anche l’immedesimazione con il cane Beniamino, incarnazione dell’amore salvifico, la cui spontanea e libera devozione all’amato ma indifferente padrone ci dà da pensare  sull’inconsapevolezza umana nell’essere talvolta prigionieri della propria stessa mente, della propria stessa casa. Cornici pesanti attorno a una finestrella chiusa: sono le sbarre che a noi e all’animale domestico non è dato oltrepassare. Nonostante il carattere evidentemente fantastico dell’opera, non è distante per lo spettatore l’immedesimazione con la sofferenza del protagonista. 

La consolidazione di uno stile autoriale intrigante e paradossale, quasi timburtoniano, è l’atmosfera in cui è rappresentata la simbologia del “mostro”. Un mostro che, scansando qualsiasi scontatezza, altri non è che un grosso pesce rosso che aleggia nei boschi a mo’ di spettro. Rapiti da questa creatura e dal desiderio di rivederla, anche noi come il protagonista restiamo quasi stregati, vigili, durante tutta la visione. 

Rimane aperto l’interrogativo sul titolo: a cosa fa riferimento per esattezza Black Eyed Dog?

La risposta è posta letteralmente nei grossi occhi neri incastonati nel lungo pelame bianco del cane Beniamino? Gli occhi dell’amore, luminosi del desiderio di disseppellire l’animo puro del padrone? Tuttavia, in relazione al finale, l’espressione potrebbe avviarsi verso un altro significato: quando è l’uomo a mettersi a quattro zampe per emulare il gioco di Beniamino, assistiamo a un vero e proprio ribaltamento di ruoli nella relazione cane-padrone. Ora è Franco a diventare paradossalmente il dog. Franco, con gli enormi occhi verdi ma neri di disperazione, che finalmente si accendono di dolcezza. 

Un atto che cattura l’essenza del mettersi a nudo, una rinuncia all’armatura dell’ego di noi esseri umani, una rinuncia così necessaria per salvare noi stessi e i nostri rapporti affettivi.

Zoe Bellei