Lunedì scorso sono state annunciate le candidature per la 67° edizione dei Premi David di Donatello 2022. L’ultimo spegne la luce, ultima opera del regista milanese Tommaso Santambrogio distribuita da Sayonara Film, è stata inserita nella Cinquina Ufficiale dei cortometraggi candidati ai premi. Abbiamo intervistato l’autore in occasione di questa nuova importante selezione, dopo quelle precedenti al Festival Cortinametraggio 2022 e al SIC@SIC di Venezia 2021, il quale ci ha raccontato del suo percorso formativo ricco di influenze internazionali e della realizzazione dell’opera, intessuta fortemente della cura e del sentimento tipici dell’ancoramento vivo all’arte cinematografica.

Il percorso formativo inedito di Tommaso Santambrogio, classe 1992, gli ha permesso di concepire l’arte cinematografica come arte libera, in cui alla base della creazione vi sono l’urgenza, la spontaneità e l’onestà autoriale. Il regista ha avuto modo di vivere contesti differenti e aprirsi mentalmente entrando in contatto con svariate forme di cinema, conoscendo sia realtà nazionali che internazionali, indipendenti e industriali, e imparando tramite l’osservazione i vari approcci agli ideali di cinema, per poi farli propri con l’elaborazione e lo sviluppo di una sua specifica visione. In particolare, l’esperienza in Perù di realizzazione del suo secondo cortometraggio Escena Final nel 2018 con il maestro Werner Herzog, gli ha insegnato l’etica di un approccio romantico e d’innamoramento violento nei confronti di un film, secondo la volontà ferrea di arrivare a realizzarlo mettendoci tutto sé stesso ed esprimendosi nella maniera più vera e fedele possibile. Inoltre, la collaborazione nelle Filippine con Lav Diaz per Los Océanos Son Los Verdadores Continentes del 2019, gli ha permesso di liberarsi di molti preconcetti, imparando l’importanza di vivere il processo creativo in libertà, e trovando ciò che più lo rappresenta senza condizionamenti da parte della società o dell’industria.

L’ultimo spegne la luce nasce dal desiderio di raccontare l’inesorabilità di un momento di rottura, della classica goccia che fa traboccare il vaso come esperienza che tanti hanno attraversato nella vita, per dar voce a uno sfogo emotivo e a uno slancio di vita che porta a una grande sofferenza, ma anche a una grande vitalità. L’inesorabilità di questo momento, in cui le relazioni naufragano, viene espressa tramite un linguaggio cinematografico esondante, dove dal piccolo conflitto emerge ciò che sta nascosto sotto il tappeto e che ha condizionato e caratterizzato la relazione fino a quel momento. Santambrogio ha attinto fortemente anche all’elemento poetico della sua formazione: dall’ispirazione alla poesia Las causas di Jorge Luis Borges, in cui tutto ciò che è accaduto nel mondo della vita ha portato a un incontro, che si espleta nel processo lavorativo di pensiero ed elaborazione di ciò che è avvenuto all’interno della relazione e ha portato alla sua rottura, all’ispirazione al lavoro di Nicanor Parra, come anti-poesia sudamericana che tratta della crudeltà delle parole e di come l’arte e la poesia abbiano il compito di dare spazio e vita ai conflitti reali del mondo nella maniera più impattante e diretta possibile.

L’ultimo spegne la luce è diverso dai lavori precedenti in quanto è il primo integralmente di finzione, e la sceneggiatura è stata realizzata in maniera ferrea dopo un lungo lavoro di scrittura. Il cortometraggio ha infatti avuto bisogno di tutti i lavori precedenti per poter arrivare alla luce in questa forma, nonostante sia stato uno dei primi soggetti realizzati dall’autore: essenziale è stato trovare nel tempo la modalità di esprimerlo e raccontarlo nella direzione giusta, con il giusto ritmo e la giusta caratterizzazione dei personaggi. Per questi ultimi e per le loro relazioni, è stato fatto un grande percorso di preparazione con gli attori Valentina Bellè e Yuri Casagrande Conti, e sono stati scritti dei retroscena molto lunghi, quasi fossero dei film a parte, in modo da avere una struttura forte di ciò che era avvenuto e aveva portato fino a quell’attimo. Il momento prima di girare è stato d’importanza fondamentale per il regista, e la ripresa in piano sequenza gli ha permesso di vedere il film prendere forma davanti a sé consolidando, in maniera non frammentabile, la questione spazio-temporale dell’evento specifico della rottura. La speciale espressione in piano sequenza è sempre stata da lui visualizzata, ed è stato necessario trovare il luogo, la modalità di movimento e di dialogo per darle la giusta forma: il discorso sul linguaggio nel cimentarsi artistico e cinematografico è parte integrante del bisogno espressivo e della sua modalità, in quanto mezzo che contribuisce al messaggio. Ciò ha assecondato il racconto della storia con il giusto respiro, i giusti movimenti ed il giusto senso linguistico, e tramite il lavoro dei collaboratori con cui ha potuto dialogare ed esprimere pienamente la natura del cinema come arte collettiva e intima, tutto si è svolto in maniera fluida e dinamica seguendo la retta via. Il regista parla della collaborazione con i partecipanti, dalla produzione Rosso Film e Chiotto Production alla post produzione Fullcode, come un lavoro creato in famiglia, tra amici, e come un atto d’amore per il cinema, realizzato nel momento difficile dopo il primo lockdown che nasce dalla volontà d’impegno completo di dar vita a qualcosa di bello e vero.

Santambrogio è stato in grado di creare un’opera matura e ricca di elementi che ne compongono la complessità, rimanendo al contempo semplice, e la vede come un tassello necessario al mosaico dell’intera opera autoriale di un regista e del suo percorso, che ne espleta sia l’universo emotivo, sia il senso dell’arte e della vita. La sua ammirazione si rivolge a quegli autori che nonostante siano quasi ai margini dell’industria, amano talmente tanto il loro lavoro da realizzare per ogni film un atto d’amore, creando un rapporto viscerale, personale e umano, e riuscendo poi a trasmetterlo all’universo. Ora, dopo i riconoscimenti di L’ultimo spegne la luce, il regista è impegnato nel suo primo lungometraggio in collaborazione internazionale, che spera di realizzare presto integrandolo e sublimandolo significativamente in quest’ultima opera.