Vincitore nella categoria “Fulgor” all’Amarcort Film Festival di Rimini, dove è stato presentato in anteprima assoluta, il cortometraggio di Francesco Barozzi HUB – Sulla propria pelle si propone come uno spaccato di vita sulle condizioni precarie dei lavoratori durante la crisi sanitaria da Covid-19. Protagonisti del corto sono Angela, interpretata da Angela Ciaburri, nota al pubblico per aver preso parte alla serie TV Gomorra, e Beppe, interpretato da Giuseppe Sepe, volto particolarmente conosciuto in ambito teatrale, che aveva già collaborato in passato a molteplici progetti di Barozzi.

Hub è un termine anglosassone traducibile con “centro” o “fulcro”, che nel delivery system indica il luogo transitorio in cui un oggetto viene raccolto per poi essere spedito presso la sua destinazione finale. Nel caso di Angela e Beppe, questa zona di transito è la roulotte, situata in un parcheggio vicino alla ditta per cui lavora Beppe e che dovrebbe fungere da trampolino di lancio dal quale cercare di dare una svolta alle loro vite.

Inizialmente decisi ad intraprendere insieme questo percorso, Angela sembra ora pentita di questa scelta dopo essersi resa conto della precarietà delle loro condizioni dentro la roulotte, debole riparo dal mondo esterno e da cui, involontariamente, i due sembrano non riuscire ad allontanarsi per motivi economici. La coppia discute più volte riguardo al loro futuro, ed è percepibile fin da subito quanto questo sia legato ad un filo sottile che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro: basta un minimo errore sul posto di lavoro per perdere tutto quanto. Beppe lo sa bene, e cerca di farlo capire anche alla sua compagna, ma l’ambiziosità di Angela lo spinge a chiedere al suo caporeparto di trovarle un posto nella ditta.

Angela e Beppe sono una coppia di outcast, isolati da tutto e tutti sia socialmente che fisicamente. Proprio per questo, Angela sente il bisogno di rendere la sua vita “normale”. La sua inoccupazione però la ostacola, recandole un senso di vuoto colmabile apparentemente solo attraverso un’assunzione e uno stipendio fisso. Guardando un treno dirigersi verso la zona urbana, Angela spera un giorno di transitare anche lei da una situazione di emarginazione sociale all’avere un posto in cui sentirsi sicura e soprattutto, utile. Questo desiderio è messo costantemente in pericolo sia dalle difficoltà economiche che dai pericoli che aleggiano intorno al suo centro gravitazionale, la roulotte. Tre dipendenti della ditta, venuti a sapere della difficile situazione della coppia, si presentano da lei fingendosi conoscenti del caporeparto e promettendole il posto di lavoro, facendo leva sulla sua necessità d’impiego e celando, allo stesso tempo, il loro doppio fine sessuale. Angela capisce tutto e, facendo trasparire una finta sicurezza, li allontana. I tre torneranno successivamente, confermando come una piccola roulotte non sia in grado di offrirle una protezione adeguata.

Si dimostra dunque reale la paura che prova Angela all’interno della roulotte, la quale vive sulla sua pelle. È troppo tardi quando Beppe si reca da Angela impaziente di comunicarle la sua assunzione, trovando la roulotte vuota. “Io, se domani sparisco, nessuno se ne accorge”: questo ha detto Angela a Beppe la sera prima, e così sembra essere la mattina seguente quando nessuno ha notato la sua assenza. Il finale aperto lascia spazio ad interpretazioni circa le reali possibilità di riscatto sociale dei personaggi e fa riflettere sulla sottile linea che separa il raggiungimento di un obiettivo dal fallimento.

Leonardo Gennari