I sogni e le speranze dei migranti attraverso la sguardo di un bambino: 19′ 35”.

Il calcio, l’accoglienza, le paure e i desideri umani, i sogni e le speranze che danno un senso alla vita.

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Sono questi i temi del primo corto della serie 13.11, dal titolo 19′ 35”, e diretto da Adam Selo.

Il regista ha lavorato con attori non professionisti, in un vero centro d’accoglienza per giovani provenienti da tutto il mondo, e Tolosa è la prima città da cui parte questo viaggio nella vita di migranti e rifugiati.

Baba vive in un centro d’accoglienza per minori. Gioca a calcio, è irrequieto, e tifa per la Germania. La sera del 13 Novembre 2015 si giocherà un match importante, l’amichevole Francia – Germania allo Stade de France. Una partita attesa con gioia, che verrà però interrotta dalle notizie sugli attentati di Parigi, riportando alla dura realtà i sogni e le piccole speranze quotidiane che Baba vive assieme agli altri componenti del centro d’accoglienza. Quel giorno rappresenta un tassello, seppur doloroso, nella crescita del piccolo protagonista. Il centro d’accoglienza è un rifugio sicuro, caldo e accogliente. Fuori, però, il terrorismo con le sue bombe e le sue armi, sono il presente, il segno inequivocabile del mondo che si sta trasformando. E questa trasformazione la vediamo attraverso gli occhi di un bambino.

Abbiamo fatto alcune domande ad Adam Selo, per conoscere più da vicino l’idea che l’ha portato a raccontare questa vicenda, per capire cosa ci sta dietro una piccola storia che, unita alle altre, forma il mosaico 13.11.

 

  • Come ti è venuta l’idea di raccontare la storia di Baba?

Il punto di partenza nostro, mio e degli altri registi, era il 13 novembre 2015. Abbiamo cercato, quindi, di costruire delle storie che portassero ad un ideale di cooperazione e integrazione.

Io sono un amante dello sport e mi piaceva l’idea di raccontare il calcio, soprattutto nel mondo dei ragazzini. Quel giorno, il 13 novembre 2015, c’era una partita importante, Francia Germania, e proprio durante quella partita ci sono stati i primi attacchi. Fra le generazioni dei migranti, soprattutto provenienti dall’Africa, il calcio è un qualcosa che unisce molto. Ho immaginato dei migranti, in Francia, che nonostante non fossero francesi di nascita tifassero per quella nazione. Tranne uno, Baba, che invece tifa per la Germania perché il suo sogno è raggiungere il fratello lì, dove un giorno potrà magari diventare un professionista del pallone. Ho cercato, quindi, di raccontare una storia che unisse il mondo dei più giovani, l’amore per lo sport, e la tragedia del 13 novembre 2015. Un momento drammatico che va ad interrompere quelli che sono i sogni e le gioie che ti può trasmettere una partita di calcio.

 

  • Com’è stato lavorare con attori non professionisti?

Bello, come sempre. Adoro lavorare con attori non professionisti, perché hanno voglia di mettersi alla prova, di ascoltare, e soprattutto mi piace lavorare a livello di sceneggiatura e adattarmi ai personaggi che incontro. È la storia che si crea e si forma grazie agli attori che ho scelto. Si lavora sul set, adattando il canovaccio alle loro caratteristiche. Mi piace molto anche lavorare con attori professionisti perché molto spesso basta uno sguardo d’intensa perché l’attore capisce cosa tu voglia. Con il non professionista devi curare di più il rapporto, è più delicato. Ma quando ti riesce bene ti porta delle grandissime soddisfazioni.

 

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  • C’è stato qualche autore o film che ti ha ispirato nel dirigere questo corto?

Generalmente non mi ispiro mai a nessuno autore. È difficile auto riconoscersi e dire di essersi ispirato a qualcuno, perché alla fine non ci riesci veramente, è una sorta di presunzione. È bello fare film e lasciar parlare i critici e il pubblico. Sicuramente il mio autore preferito, da quasi vent’anni, è Alejandro González Iñárritu, che ho studiato e guardato molto. Ogni film, però, è il risultato del matrimonio tra un regista e il direttore della fotografia. Lo stile che vuoi dare alla tua storia dipende da questo. Con La Palombara, il direttore della fotografia, abbiamo pensato subito a questo tipo di regia. 13.11 segue questo tipo di stile, essendo una serie indipendente. Uno stile leggero, libero da mezzi pesanti, con la macchina a spalla che si muove agilmente tra gli attori.

 

Sono tanti i Festival che hanno selezionato il cortometraggio in giro per il mondo. Si va dall’anteprima mondiale al Festival Européen du Film Court de Brest fino alla presentazione in Italia, presso il cinema Lumière, alla Cineteca di Bologna. È stata poi la volta di Corto Dorico 2017, del Festival Internazionale del cinema di frontiera, fino ad arrivare alla Spagna, al Festival de Cine Italiano de Madrid 2017.

Prossimamente Baba e la sua storia, saranno anche al The Seoul Guro International Kids Film Festival (Korea), al Carballo Interplay (Spagna), al  Buenos Aires Web Fest (Argentina) e al Poverarte – Festival di tutte le Arti che si svolgerà a Bologna dal 14 al 21 aprile.

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Il viaggio di 19’35” e di Baba continua.

 

Fabio Astone